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The “X-Generation” Factor

July 28, 2010

The "Generazione-X" Factor

C’è un filo rosso che unisce Le Fabbriche di Nichi con Andiamo Oltre. Sono i primi timidi passi della riformulazione della “sinistra” (possiamo anora chiamarla così?) in chiave contemporanea. Sono l’espressione di un target politico che oggi è senza voce, che è esule nell’attuale PD, e che vuole scrollarsi di dosso la logica (e la classe dirigente) che ha guidato la politica della Prima Repubblica.

Stiamo parlando della “Generazione X”, dei “figli del disincanto” degli anni ’90 e 2000. Di coloro che hanno attraversato le piazze italiane del V-Day, e del No-B Day. Della generazione precaria, dai cervelli in fuga. Sono un gruppo sociale che ha mostrato una capacità di mobilitazione e di partecipazione strepitosa in occasioni particolari, e che poi si è persa sgonfiandosi come un palloncino perché non ha avuto la possibilità di riconoscersi in una organizzazione solida, continuativa, forte, che fosse in grado di valorizzarla.

Le parole d’ordine che rappresentano questo target politico sono chiare: meritocrazia; nuove concezioni di welfare per arginare la precarietà (lavorativa ed esistenziale); diritti di accesso e alfabetizzazione digitale per sfruttare appieno le potenzialità delle nuove tecnologie della comunicazione. Università e ricerca; meticciato e integrazione; lotta alla mafia e alla corruzione. Sostenibilità ambientale. Diritti delle donne e degli omosessuali. Laicità. E poi il rifiuto del berlusconismo e della mitologia della Milano da Bere dei Corona e dei Lele Mora.

Tra questi temi, tra queste sensibilità, troviamo le proposte di Oltre, delle Fabbriche di Nichi, e di tanti altri che in Italia lavorano nella stessa direzione.

La vera scommessa, la vera domanda, è sulla capacità di sintesi politica dei leader di questi fremiti di partecipazione grassroots. Saranno in grado di creare una formazione forte, un’alleanza duratura, una scommessa politica sulla quale investire con forza nei prossimi appuntamenti elettorali a partire da Milano? Oppure verranno risucchiati e distrutti dalla logica “divide et impera” che i vecchi volponi della politica giocano sulle loro teste? Staremo a vedere le prossime puntate del nuovo reality di PoliticalTV: il Fattore “GenerazioneX” – The “X-Generation” Factor.

La Passione di Silvio

July 26, 2010

La Passione Di Silvio

Silvio porta una croce. Ed è solo. Sempre più solo. E ha bisogno di accentrare su di sé (e suoi più fidi alleati) il potere necessario per essere l’unico al timone del paese, e del suo partito.

Per mettere in pratica questo piano, sembra che Silvio voglia mettere mano all’organizzazione del partito.

E ha ragione, perché l’organizzazione è la prima forma non solo di potere, ma anche di comunicazione. Pensiamo a Forza Italia, e alla sua nascita, nel 1994, quando Berlusconi lanciò i “club” sul territorio. Ne nacque una struttura organizzativa acefala, “a rete”, nel tentativo di comunicare freschezza e novità in un partito liberato dalle decisioni piovute dall’alto. Ma dopo qualche tempo, quando Forza Italia si era stabilmente legittimata e radicata nel sistema politico, Berlusconi ha ribaltato l’organizzazione rendendo il partito una struttura piramidale con una rigida catena di comando. La nomina di coordinatori nazionali e regionali (a cui era delegata la scelta di quelli provinciali e cittadini) era diventata di diretta competenza di Berlusconi. Poi la svolta del PDL, il “popolo del predellino”: Berlusconi in un giorno di novembre sale sul predellino di un’auto e annuncia ai microfoni dei giornalisti: «Oggi nasce ufficialmente un nuovo grande Partito del popolo delle libertà: il partito del popolo italiano. Invitiamo tutti a venire con noi contro i parrucconi della politica in un nuovo grande partito del popolo». Una modalità quantomeno inconsueta di proclamare la fine di un partito e la nascita di un altro. Per questo si parlerà a lungo di «rivoluzione del predellino»: una rivoluzione in solitaria, calata dall’alto, decisa da Silvio e dai suoi consulenti di marketing politico. E in questi ultimi giorni questa direzione personalistica si sta accentrando ancora di più: Berlusconi minaccia di mettere mano allo statuto del partito, Lupi minaccia di chiamare Granata di fronte ai probiviri del partito, e così via.

Berlusconi davanti, dietro tutti gli altri. Resta solo, nel suo sogno megalomane.

Ma per quanto Silvio si sforzi di accentrare il partito su di sé, le defezioni continuano. Fini, Tremonti, La Russa, Barbareschi, Granata, Bocchino sono solo alcune delle sue spine nel fianco negli ultimi giorni. Voci dissonanti che non si allineano alla tesi di Berlusconi che la questione morale “è tutta una cazzata”.

E allora? Silvio preannuncia una nuova riforma organizzativa: una “vera rivoluzione” che porterebbe all’eliminazione dei corpi intermedi per arrivare a “un’interlocuzione diretta tra il leader e i circoli della base”. Senza bisogno di tessere, coordinamenti e congressi.

Senza bisogno di un partito. Rimarranno  solo Silvio, i media e l’audience di elettori. I politici del PDL staranno a guardare mentre Silvio cerca di trasformare il sistema politico italiano in una democrazia da televoto? In una democrazia retta sull’auditel e sui sondaggi sulla popolarità?

Io credo di no. E non perché penso che i suddetti politici del PDL, finiani o berluscones che siano, si vogliano assumere la responsabilità storica di fermare questo processo di svilimento della democrazia. La mia spiegazione non è idealista, ma marxista. Credo che il sistema di interessi clientelari che vive intorno (e grazie) ai partiti non si lascerà smantellare tanto facilmente.  L’Italia non è ancora pronta per fare a meno dei partiti.