Archive for September, 2010

Quando la storia si ripete…lezioni dal passato per comprendere la Lega Nord

September 17, 2010

Padania's Got Talent

Mi sono sempre chiesto perché la Lega Nord riesca a dire e fare cose che in una Repubblica democratica sono palesemente inammissibili, senza tuttavia mai andare incontro a reazioni conseguenti da parte di tutto il resto dell’establishment politico e sociale.  

La scuola di Adro marchiata in ogni dove dal simbolo della Lega Nord è forse solo l’ultimo degli esempi che ben rappresentano questo dato di fatto.  Per fortuna sull’episodio sono stati spesi fiumi di parole e di inchiostro; dall’opposizione si è levata una condanna unanime (per la cronaca domani il PD ha in programma una manifestazione proprio nella piccola cittadina del bresciano) ma ho come la sensazione che la reazione all’ultimo delirio leghista non sia stata ancora sufficiente, che esista un’incapacità cronica da parte di tutti (in primis dei loro compagni di maggioranza) a comprendere, e dunque a reagire in maniera proporzionata, la gravità delle azioni e delle posizioni made in Padania.

Durante i miei studi sull’egemonia statunitense mi sono imbattuto in un capitolo del libro “La deriva americana”, in cui l’autore Paul Krugman utilizza un passo di Henry Kissinger (non certo un liberal!) per descrivere l’immobilismo della società americana di fronte alle funeste politiche perseguite dall’amministrazione Bush: a partire dai tagli indiscriminati alle tasse, passando per l’unilateralismo in politica estera e l’utilizzo sistematico della guerra preventiva, per arrivare all’appoggio fornito a quella enorme mole di speculazioni finanziarie che ha corroso e messo in ginocchio l’economia più forte del mondo.  

La tesi del noto economista è che la destra neoconservatrice, che ha guidato la Casa Bianca per otto lunghi anni, fosse nella sua essenza un potere politico di tipo rivoluzionario, da intendersi dunque come soggetto che, non riconoscendo la legittimità del sistema politico vigente negli Stati Uniti, agisse con il chiaro obiettivo di fare piazza pulita dell’esistente. Proprio l’incapacità di riconoscerne la reale natura rivoluzionaria, secondo Krugman, spiegherebbe come mai nessuno dell’establishment politico, tanto democratico quanto repubblicano, abbia saputo porre argine ad una delle peggiori amministrazioni che la storia americana ricordi.  

Il pezzo che Krugman sceglie di riportare è tratto dal primo libro importante scritto dal giovane Kissinger, “A World Restored” (“Diplomazia della restaurazione” in traduzione italiana), libro in cui il politologo tedesco descrive come le diplomazie europee furono incapaci di affrontare con efficacia un potere rivoluzionario come quello rappresentato dalla Francia di Robespierre e poi di Napoleone. E’ un pezzo eccezionale, direi quasi un classico, che Kissinger chiaramente scrive per tracciare degli impliciti parallelismi con il fallimento delle diplomazie della Vecchia Europa nel confrontarsi con l’avvento dei regimi totalitari degli anni Trenta (la famosa politica dell’appeasement perseguita da Francia ed Inghilterra).

Tutto ciò che è classico, ahinoi, non va mai fuori moda: ecco dunque che le parole di Kissinger mi sembrano siano state profetiche non solo per descrivere la fenomenologia del corso politico neocons ma anche per spiegare le ragioni dell’agibilità politica di cui, in Italia, ha goduto e continua a godere un partito come la Lega Nord.

Tracciare dei parallelismi non significa delineare delle equivalenze morali: così Kissinger pensava alla Francia post rivoluzionaria ed agli anni Trenta del XX secolo, Krugman alla destra repubblicana capitanata dai neocons ed io proverò a leggere negli stessi termini la parabola politica della Lega Nord di Umberto Bossi. E’ evidente che ci sono degli abissi storici ed ideali tra questi tre soggetti politici, ma rimane che la grammatica che detta le azioni di (e le reazioni a) un soggetto politico rivoluzionario può essere considerata una costante. Per fortuna nostra i leghisti non guidano la nazione più potente al mondo e neanche posseggono il genio militare del Bonaparte: diciamo dunque che il potenziale di danno che possono arrecare al mondo intero è ben più limitato, ma se restringiamo il campo alla politica italiana non sarà difficile scorgere che mai, prima d’ora, i leghisti hanno avuto tanto potere politico come in questo momento storico. Possiedono quasi il 15% dell’elettorato, hanno i numeri in Parlamento per tenere sotto scacco Berlusconi, guidano numerosissime amministrazioni locali e governano due tra le regioni più produttive e ricche d’Italia. Mi sembra dunque che ci siano tutti gli elementi per essere decisamente allarmati. Ma è arrivato il momento di leggere riflettere sulle parole di Kissinger:

 “Cullati da un periodo di stabilità che sembrava permanente, essi trovarono quasi impossibile prendere per vere le asserzioni del potere rivoluzionario che intendeva fare piazza pulita del contesto esistente. I difensori dello status quo tendono quindi ad iniziare a minacciare il potere rivoluzionario come se le sue proteste fossero semplicemente dettate dalla tattica; come se accettasse in realtà la legittimità esistente ma sovrastimasse la sua portata ai fini di una contrattazione, come se fosse motivata da malcontenti specifici che devono essere mitigati da concessioni limitate. Quelli che mettono in guardia per tempo contro il pericolo vengono considerati allarmisti, quelli che consigliano di adattarsi alle circostanze vengono considerati sani ed equilibrati. (…) Ma è l’essenza del potere rivoluzionario possedere il coraggio delle proprie convinzioni, spingere, davvero con forza, i suoi principi alla loro conclusione ultima.” 

C’è qualcun altro oltre il sottoscritto che vede delle analogie chiare con la storia recente della Lega Nord?

Vi lascio qualche giorno per pensarci e poi proverò ad articolare per esteso il mio ragionamento.

Il politico nel pallone. Facili analogie tra il Milan e il suo Presidente.

September 13, 2010

Il Politico nel Pallone

Non deve stupire che il Milan possa perdere con il Cesena. È una cosa che può capitare: il calcio è un gioco, il campionato è sempre più competitivo, e poi fa anche piacere ogni tanto vedere un Davide che sconfigge un Golia.
E non deve nemmeno stupire, come scrivono in molti in questi giorni, che è non è giustificabile che Ibra prenda molto più di tutti i giocatori del Cesena messi insieme. È la legge del calcio-spettacolo: Ibra non è bravo più di tutti i giocatori del Cesena messi insieme. Il suo stipendio non è assegnato solamente in base alla sua abilità. Il suo stipendio è assegnato soprattutto in base alla sua popolarità. E al ritorno di visibilità che hanno gli sponsor di una squadra in cui gioca Ibra.
Da questo punto di vista le analogie con la politica sono tante. Anche i candidati alle poltrone dei ministeri e delle amministrazioni locali non sono definiti dai partiti in base alla loro competenza legislativa o amministrativa. Piuttosto, sono decisi in base alla loro popolarità: lo hanno fatto gli eredi del PCI candidando personaggi televisivi come Marrazzo e Sassoli. Lo fa, in maniera ancora più estrema e spudorata Berlusconi, candidando tutto il candidabile del suo baraccone mediatico: veline, velone, presentatrici e via dicendo. Non sarebbe strano trovare, tra qualche anno, il Gabibbo candidato all’europarlamento.
Non c’è morale, non c’è giustizia, non c’è valore in tutto ciò. Come siamo caduti così in basso? C’è chi dice che la colpa è tutta delle TV di Berlusconi, che ci fanno diventare boccaloni e azzerano il nostro spirito critico. C’è chi dice che la colpa è tutta della casalinga di Voghera, che vota la Zanicchi, Berlusconi e la sua igienista dentale: in fondo, siamo in democrazia (anche se come dice da 15 anni Manin è muna “democrazia del pubblico”), e se il 51% delle persone sceglie Berslusconi, non c’è nulla da recriminare.
Probabilmente le cause di questo fenomeno mondiale che si chiama mediatizzazione e spettacolarizzazione della politica (e che riguarda manche altri campi, come lo sport), sono più complesse, e non sono né tutte nelle mani di Berlsuconi, né tutte nelle mani della casalinga di Voghera.
Certo è che, se ci fosse un’alternativa culturale, valoriale, economica, politica determinata e coraggiosa, forse non proprio la casalinga di Voghera, ma almeno i suoi figli e i suoi nipoti voterebbero qualcun altro. E magari, partendo da lì, potrebbe anche cambiare qualcosa.