Abbiamo visto che c’è chi sta tentando di “andare oltre”, ormai da qualche mese, ed a mio giudizio fa un gran bene! Oltre i partiti tradizionali, oltre questo PD, oltre questo centro-sinistra…con lo sguardo fisso alla possibilità di andare oltre il berlusconismo e lasciarsi dietro le spalle una volta per tutte la sua pericolosa fase decadente.
Lo stiamo ripetendo con insistenza dalle nostre frequenze: mantenere immutato lo status quo nella pratica e nell’offerta politica, a seguito di cicli e progetti politici fallimentari sia in termini elettorali che in termini qualitativi, è una strategia perdente: per questo chiunque butta sul tavolo qualcosa di innovativo non può che compiere un’azione corretta! La voglia di cambiamento e di innovazione tout court, però, da sola non basta: ci vuole infatti una direzione corretta verso cui muovere e dei compagni di viaggio sufficientemente attrezzati.
La sensazione che si ricava nel seguire i lavori delle Fabbriche di Nichi, così come degli appuntamenti costruiti nella cornice progettuale di Andiamo Oltre è quella di avere a che fare con progetti che riescono di nuovo a far entusiasmare chi vi partecipa, squarciando in qualche modo quel muro che esiste tanto tra i protagonisti della politica e la famosa base, quanto tra il teatrino della politica e la realtà. La direzione, poi, pare essere proprio quella giusta: contromisure alla precarietà, costruire un partito di giovani elettori, nuova cittadinanza, narrazioni contro Lega Nord e berlusconismo, diritti civili, best practices contro corruzione e malcostume. Il tutto accompagnato sempre dallo stesso minimo comune denominatore: partecipazione orizzontale.
Per dirla con le parole di coloro che stanno animando queste esperienze, siamo al prologo di una battaglia tra la buona e cattiva politica! Tutto vero…non credo sia difficile infatti riconoscere la distanza che esiste tra questi progetti e le immancabili fondazioni ingessate, i convegni pieni dei soliti Soloni con clack a seguito, la pratica politica scandita da fredde dichiarazioni dei portavoce ed i tatticismi esasperati delle correnti.
Una sola avvertenza però: non c’è scritto da nessuna parte che la buona politica debba fare a meno di un approccio da real politik, diciamo pure machiavellico, nei percorsi che si intraprendono. La competizione ha le sue regole e le sue dinamiche: se si sceglie di scendere nell’arena bisogna inevitabilmente affrontarle. Pensare che qualcuno si faccia da parte semplicemente perché riconosce la bontà del tuo lavoro è profondamente sbagliato per un motivo semplicissimo: perché da nessuna parte funziona in questo modo né tanto meno in Italia. Così se dalle Fabbriche di Nichi usciranno avamposti su tutto il territorio nazionale in grado di fronteggiare e correre alla pari con le strutture tradizionali dell’organizzazione partitica, il percorso lanciato dalla roccaforte pugliese vendoliana avrà raggiunto il suo compimento, ed ancora se i frutti del contratto a progetto di Andiamo Oltre riusciranno a condizionare le scelte della dirigenza del PD avranno trovato la loro naturale destinazione. Diversamente rimarrebbe la sensazione di tentativi incompiuti! Leggendo ed osservando i lavori ed i resoconti delle iniziative organizzate da entrambi i progetti, ho l’impressione che tutti gli sforzi si stiano concentrando su discussioni tematiche e sull’elaborazione di proposte politiche: bene così, ma il passaggio cruciale sarà come riuscire a tradurle in partica e quindi come riuscire, in un caso, a lanciare una sfida con reali possibilità di vittoria alla candidatura ufficiale del centro-sinistra, nell’altro a farsi ascoltare da Bersani e dai suoi generalissimi. E qui gli insegnamenti di Machiavelli potrebbero essere d’aiuto!
Sono almeno due gli scopi per cui si fa politica.
Primo per passione personale, perchè il desiderio di migliorare la realtà che ci circonda è una vocazione connaturata a quel particolare animale sociale che è l’essere umano e, quando ci si mette in gioco con passione per raggiungerlo, si riesce a dare un cambio di marcia sostanziale alla propria vita. Quando si ha la sensazione di far parte di un progetto politico che corre verso dei fini che riteniamo giusti si sta incredibilmente meglio!
Secondo per poter conquistare, mantenere e gestire fette di potere politico. In questo caso al criterio della giustizia delle nostre azioni si affianca quello dell’utilità. Per corrispondere lo stesso desiderio di cambiare la realtà che ci sta intorno, abbiamo bisogno di ricoprire i luoghi decisionali della politica: cosa che in democrazia passa obbligatoriamente attraverso il consenso elettorale e, all’interno di un’organizzazione come un partito, attraverso la capacità di occupare o influenzare i suoi centri di comando.
La politica è buona quando raggiunge entrambi gli scopi: non basta testimoniare la propria alterità rispetto alla cattiva politica, bisogna anche lanciarle una sfida e costruire le condizioni per riuscire a prevalere. Spesso si tende a separare i due piani e a ritenere che ciò che è giusto non sia per forza utile, in termini elettorali. Ma dopo vent’anni di Seconda Repubblica, l’Italia è regredita ad un livello tanto basso in termini civili, politici, economici e culturali da far pensare che i due piani possano essere esattamente coincidenti!
L’effetto Obama, una sorta di onda anomala che nasce in sordina ma poi travolge tutti nel suo svilupparsi, in Italia è strutturalmente difficile da replicare: le nostre primarie sono meno trasparenti, oltre che organizzate in maniera diversa, di quelle made in USA ed i nostri partiti hanno molto più potere e presa su territori, elettori e militanti dei loro corrispettivi statunitensi.
Mi auguro davvero che chi di dovere stia pensando anche a questo!